#06. Una storia di passione che dura da 45 anni. La nostra.

13.06.24|In Editoriale
Di Riccardo Pioli, Direttore Coopfidi
Tempo di lettura: 7'

Mentre, da giovane laureato in economia, inserivo oltre 6.000 nominativi di imprese in un primordiale data base, non avrei mai pensato che, dopo 28 anni, sarei stato qui a parlare dei primi 45 anni della struttura con la quale solo pochi giorni prima avevo sottoscritto uno dei primi contratti di collaborazione coordinata e continuativa (Co.Co.Co).

All’epoca non sapevo minimamente cosa fosse un Confidi, nonostante avessi cercato di acquisire informazioni girovagando per le più fornite librerie dell’epoca (Rizzoli, Feltrinelli, Rinascita e altre). E allora, chiedendo ad artigiani storici dell’epoca e a colleghi “anziani”, venni a sapere che Coopfidi “Duilio Minicozzi” (così si chiamava all’epoca, in onore di un indimenticato Presidente di allora) era nata grazie a un gruppo di artigiani facenti parte dell’allora Unione Provinciale dell’Artigianato Roma (UPRA, che poi sarebbe diventata CNA di Roma) i quali avevano messo insieme risorse finanziarie e lavoro per cercare di aiutare se stessi e i propri colleghi nel rapporto difficile con le banche, fornendo a queste ultime garanzie monetarie. Coopfidi.

Nei quarantacinque di storia di Coopfidi il mondo è cambiato più di quanto probabilmente l’uomo comune pensasse all’epoca.

Facendo una ricerca mi accorgo che il 1979 fu un anno importante per la storia: studenti iraniani occupano l’ambasciata USA a Teheran, Margareth Tatcher viene eletta Premier della Gran Bretagna così come Nilde Iotti diventa prima donna Presidente della Camera dei Deputati in Italia, la Sony mette sul mercato il Walkman che cambierà il modo di ascoltare la musica, esce Alien nei cinema, l’Unione Sovietica invade l’Afganistan. Poi mi rendo conto che la popolazione mondiale è praticamente raddoppiata, passando dai 4,5 miliardi di abitanti del 1979 a 8,1 miliardi di oggi mentre quella italiana è aumentata di “soli” 2 milioni di abitanti, passando dai 56,6 milioni del 1979 agli attuali 58,8. C’è poi una cosa che nel frattempo ha stravolto il mondo: la scoperta del web. Attraverso Internet le distanze si sono accorciate e i tempi hanno avuto un’accelerazione incredibile. Per fare la mia breve ricerca ho impiegato pochissimi minuti. Nel 1979 avrei impiegato giorni ricercando dati in biblioteche, sedi di giornali o di enti istituzionali. Tutto questo, che agli occhi dei più giovani sembrerà banale, per noi boomer (come mi chiamano erroneamente i miei figli ai quali costantemente ricordo che appartengo alla generazione X) ha dell’incredibile. E ha indubbiamente cambiato il modo di lavorare a tutti noi. Ricordo ancora il maniacale uso della carta carbone per compilare le richieste di finanziamento e il fascino del fax, che aveva del fantastico all’uscita di un foglio che, scritto in un posto lontano, arrivava in tempo reale sulle nostre scrivanie.

In tutto questo turbinio di cambiamenti epocali una cosa è sicuramente rimasta immutata:

il rapporto difficile tra le piccole imprese e il mondo della banca, un rapporto probabilmente sotteso da reciproca sfiducia e diffidenza, probabilmente acuitosi ancora di più nella progressiva concentrazione delle banche (che erano oltre mille nel 1993 e oggi sono poco più di quattrocento), che oltretutto si sono progressivamente allontanate dai territori (fatta eccezione, almeno per ora, per le Banche di Credito Cooperativo).

In questo contesto nessuno dei Padri Fondatori di Coopfidi negli anni Settanta pensava che la loro Cooperativa avrebbe raggiunto quasi il mezzo secolo di storia.

Nel frattempo ci sono state la famosa “Legge Amato” che nel 1993 riscrisse la disciplina del sistema bancario, la legge 108/96 che per la prima volta riconobbe un ruolo ai Confidi, indicandoli come soggetti gestori dei “Fondi Antiusura” li riconobbe automaticamente come istituzione preposta a favorire l’accesso al credito delle imprese più deboli sul mercato. La creazione di un mercato comune dopo Maastricht e la conseguente regolamentazione fecero apparire i Confidi come un’eccezione italiana nel panorama UE, facendo sì che diminuisse la capacità del soggetto pubblico di intervenire attraverso contributi che ne rafforzassero il patrimonio. Le regole imposte dai cd. “Accordi di Basilea 2”, che nei primissimi anni Duemila introdussero il concetto di rating nel processo di valutazione del merito del credito, sembravano essere la fine dei Confidi. Eppure niente. “Siamo ancora qui”, come direbbe Vasco.

E Coopfidi è ancora qui.

Nessuno se lo sarebbe aspettato, qualcuno forse si sarebbe augurato il contrario. Soprattutto quando, all’epoca della crisi finanziaria del 2012, le banche ‘aggredirono’ i piccoli imprenditori revocando gli affidamenti e la nostra struttura dovette necessariamente far fronte agli impegni assunti nei confronti delle banche. O quando fummo sottoposti all’ispezione da parte di Banca d’Italia, vissuta notoriamente come un incubo da parte degli intermediari finanziari, che superammo brillantemente ma che ci fece riflettere sul nostro ruolo, portandoci a riconoscere che più dello ‘status’ era importante essere vicini agli imprenditori e per questo uscimmo dalla Vigilanza. E neppure durante la pandemia, quando le enorme risorse messe dallo Stato sul Fondo di Garanzia sembravano indicare il capolinea di un sistema che metteva a sistema le risorse private e quelle pubbliche.

Resilienza? Abnegazione? Ostinazione?

Forse un po’ di tutto questo, ma più di tutto la passione di un gruppo di persone composto da falegnami, gommisti, autoriparatori, edili, trasportatori, tappezzieri e altri mestieri oltre a noi, i dipendenti. Pur cambiando le persone tutti però abbiamo sempre creduto (e crediamo) che per esistere un’organizzazione debba essere utile a qualcun altro, non cercando una semplice crescita fine a se stessa e soprattutto che sia essenziale condividere e trasmettere alcuni valori fondanti che nel nostro caso sono rimasti immutati negli anni: la solidarietà, l’affidabilità, l’attenzione al territorio, la costante attenzione all’innovare e il credere nelle persone. E a chi mi chiede che fine farà Coopfidi nei prossimi anni rispondo così: dipenderà sicuramente dalle normative e dai regolamenti, ma soprattutto dal rispetto di questi valori.

E il viaggio continua...


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